Il prezzo dello sterminio

Il prezzo dello sterminio. Ascesa e caduta dell’economia nazista

Adam Tooze

Il prezzo dello sterminio: copertina

Recensione

Hitler capì che i paesi europei avevano solo pochi anni per prepararsi al dominio economico degli USA. L’originalità del III Reich fu quindi che, invece che accettare docilmente un posto nell’ordine economico globale dominato dai paesi a lingua inglese, Hitler cercò di mobilitare le frustrazioni represse del suo popolo per orchestrare una sfida a quest’ordine globale. Replicando quello che per i tre secoli precedenti avevano fatto gli Europei in tutto il mondo, ritagliandosi un hinterland imperiale con un’acquisizione di terre ad est creando una base di autosufficienza per la competizione tra le superpotenze. L’aggressione di Hitler si può dunque razionalizzare come una comprensibile risposta alle tensioni causate dallo sviluppo ineguale del capitalismo.

Adam Tooze, il prezzo dello sterminio

Quando ci si trova ad analizzare l’esperienza del nazismo e il suo estremo strascico dell’Olocausto, si tende spesso a relegare in secondo piano l’influenza che ebbero il contesto economico e geopolitico nel disegno tattico e strategico dei leader nazisti.
Nella divulgazione mediatica, infatti, così come in buona parte della pubblicistica storiografica, il fenomeno del nazismo viene spesso liquidato come un’anomalia della storia, o tutt’al più visto semplicemente come il più alto trionfo di ipnosi collettiva nel processo storico. Non invece, come il prodotto specifico delle contraddizioni capitalistiche e più in generale delle dinamiche dello scontro tra imperialismi.

Rovesciando la percezione comune di una Germania tra le guerre come un potente e ricco Stato europeo, l’autore ci porta dentro le dinamiche politiche ed economiche che animeranno la Germania ancora prima della presa del potere da parte di Hitler nel 1933.
La sconfitta militare tedesca nel primo conflitto mondiale frantumò il breve sogno coloniale della Germania guglielmina, che cercava di ritagliarsi un posto nei pochi spazi ancora disponibili nello scacchiere internazionale, ritrovandosi così schiacciata dalla prepotenza militare dei vincitori e dai pesantissimi costi di riparazione della guerra. La guerra mondiale segnò l’ascesa degli USA a potenza intercontinentale e quindi anche il suo ingresso negli affari europei.

Hitler non era assolutamente ignaro del cambiamento intervenuto nello scacchiere mondiale negli anni Venti. Secondo lui questo nuovo equilibrio mondiale non faceva che alzare la posta in gioco nella lotta per la sopravvivenza razziale.

Per Hitler i fattori decisivi della storia mondiale non erano manodopera e industria, ma la lotta per i mezzi di sussistenza, limitati per definizione. Qualunque tentativo di competizione economica con gli USA, senza un mercato sicuro di almeno 150 milioni di consumatori sarebbe stato destinato al fallimento. Il grande vantaggio competitivo degli Stati Uniti nella tecnologia industriale dipendeva dalle ricchezze di materie prime e soprattutto da un amplissimo mercato interno. Mercato che consentiva all’industria di adottare metodi di produzione che in Europa sarebbero stati difficilmente raggiungibili per la mancanza di queste vendite interne. Il fordismo, in un certo senso, presupponeva il Lebensraum.

Dalle basi economiche del Terzo Reich e dall’ideologia dominante si può arrivare a capire come si giunse al genocidio. Secondo i gerarchi nazisti infatti c’erano diverse ragioni economiche a giustificarlo.

Se le prime e contraddittorie persecuzioni agli ebrei tedeschi furono causate dalla costante carenza di valuta estera, il genocidio verso la popolazione europea fu il risultato di scelte deliberate tese a far spazio ai futuri coloni tedeschi. Il piano prevedeva conquiste territoriali ad oriente (Generalplan Ost). I prigionieri venivano trasformati in lavoratori usa e getta al servizio delle industrie del III Reich, svuotate per le esigenze del vastissimo fronte della Wehrmacht. Inoltre lo sterminio concertato costituiva il mezzo più immediato e più sicuro per liberare preziose risorse alimentari destinate in Germania.

Vedremo come l’olocausto vero e proprio si può fare apparire come una concessione strappata alla burocrazia pragmatica dell’amministrazione statale tedesca dalla dirigenza, ideologicamente impegnata delle SS. Era una concessione all’ideologia, resa possibile dal successo nel reclutamento di manodopera non ebrea da tutta Europa. Si poteva fare a meno dei lavoratori ebrei perché si pensava che ce ne fossero sempre altri in grado di sostituirli.

Il monumentale lavoro di Adam Tooze ci porterà insomma a scoprire come il nazismo sperava di poter risolvere i problemi creati dalla competizione capitalistica internazionale. Problemi che animarono e destabilizzarono anche la Repubblica di Weimar.

Pertanto, il progetto tedesco di Hitler non è da considerare come un’anomalia. Piuttosto, come un ultimo e disperato tentativo di riorientamento in senso coloniale e imperialistico dell’equilibrio mondiale. In questo senso la sua originalità fu quella di portare il fenomeno e la metodica colonialista all’interno dell’Europa. Con il classico cliché nel quale un paese di medie dimensioni cerca di imporre la propria volontà omicida a un popolo molto più numeroso che presume essere meno sviluppato.

Estratti da “Il prezzo dello sterminio”

L’operazione Barbarossa fu la tardiva e perversa conseguenza di una tradizione europea di conquista e di insediamento coloniale, una tradizione che non era ancora pienamente consapevole della propria obsolescenza. L’ignorante condiscendenza mostrata da tutte le parti in causa, non solo dai tedeschi, ma anche dagli inglesi e dagli americani, circa la potenza militare dell’Armata Rossa, è indicativa di questo fenomeno. Ma come scoprì la Wehrmach a sue spese, l’URSS non era un oggetto passivo su cui si poteva operare nello stile dell’imperialismo edoardiano. Ciò che incontrò la Germania nella Russia sovietica nel 1941 non era “primitivismo slavo”, ma il primo e più clamoroso esempio di un’efficace dittatura evolutiva, e ciò che emerse dalla faticosa avanzata della Wehrmacht verso Mosca non era l’arretratezza della Russia, ma la parziale modernizzazione della Germania.

Il prezzo dello sterminio

Il vero strumento per ottenere un benessere paragonabile a quello dei consumatori americani era la neocostituita Wehrmacht. Tutta la politica del III Reich si può riassumerere nella scelta tra “burro e cannoni”, dove però le due cose non si escludono tra loro ma anzi sono fortemente interconnesse. A livello strategico i cannoni venivano considerati un mezzo per ottenere più burro, in senso letterale, attraverso la conquista della Danimarca, della Francia e dei ricchi territori agricoli dell’Europa orientale. In questo senso il riarmo rappresentava un investimento in prosperità futura.

Il prezzo dello sterminio

dal punto di vista del singolo datore di lavoro i campi di concentramento rappresentavano spesso un autentico dono del cielo. Nel 1944 Himmler era ancora in grado di fornire nuovi operai. Anche se si logoravano in fretta, il vantaggio delle SS stava proprio nella capacità di offrire ai loro clienti industriali un flusso apparentemente illimitato di nuovi internati. Finchè i supervisori delle SS effettuavano ispezioni periodiche, eliminavano i lavoratori la cui produttività era scesa al di sotto di livelli accettabili e li sostituivano con nuovi internati, il datore di lavoro aveva ben poco di cui lamentarsi. Questo processo di continua selezione e continua sostituzione era l’essenza del sistema produttivo imperniato sui campi di concentramento. La forza lavoro proveniente dal campo di concentramento non era considerata, il termini economici, un fondo, ma un flusso.

Per la stragrande maggioranza delle imprese che si avvalevano di manodopera straniera, e in particolare di internati nei campi di concentramento, il Reich non era solo il fornitore di risorse umane, era anche il cliente finale.

Il prezzo dello sterminio

Il censimento del 1933 rilevò il 30% della forza lavoro nell’agricoltura. Più della metà della popolazione tedesca viveva in comunità rurali che andavano da 2.000 a 20.000 abitanti.

Rifiutando quindi di rassegnarsi a questa situazione, (l’ineguale ridistribuzione di terre), la Germania nazista non cercava di riportare indietro le lancette dell’orologio. Si rifiutava semplicemente di dare per definitiva la distribuzione della terra, delle risorse e della popolazione, che era il frutto delle guerre imperiali del XVIII e del XIX secolo.

Si rifiutava di accettare un ruolo mortificante per l’economia tedesca, ridotta a una dipendenza totale degli alimenti di importazione. Questa, secondo Hitler, era una ricetta per la «morte della razza».

Il prezzo dello sterminio

Per l’indice e un’anteprima ristretta del volume, consultare http://www.tecalibri.info/T/TOOZE-A_prezzo.htm


L’autore

Adam Tooze è docente di storia alla Columbia University. Ha insegnato all’Università di Cambridge e alla Yale University, dove è stato direttore degli Studi di sicurezza internazionale. Nel 2006 si è aggiudicato il Wolfson and Longman History Today Prize con la pubblicazione de “Il Prezzo dello Sterminio”.


Il prezzo dello sterminio. Ascesa e caduta dell’economia nazista
Autore: Adam Tooze
Edizione:
Garzanti Libri (2008)
Formato:
Copertina rigida, rilegato, con tabelle e illustrazioni b/n
Pagine:
950
Prezzo:
38€