Asce di guerra. L’epopea del romagnolo che finí in Indocina e dei comunisti dell’espatrio clandestino negli anni Cinquanta.
Vitaliano Ravagli, Wu Ming
Quarta di copertina
«Le storie sono asce di guerra da disseppellire»
C’erano anche italiani a combattere i guerriglieri Meo, nel fango e nell’orrore della giungla laotiana, pochi anni prima della «Guerra del Vietnam». Ritorna, con una nuova postfazione, il romanzo corale, avventuroso e documentario in cui Wu Ming e Vitaliano Ravagli fanno rivivere, sulla base di dirette testimonianze – prima di tutte quelle dello stesso Ravagli -, una pagina sanguinosa di storia, cancellata dalla memoria pubblica.
Sotto la patina pacificata della storia ufficiale, ci sono storie che ancora fanno male. Come quella di Ravagli, il partigiano mancato che va a combattere in Laos a fianco dei guerriglieri comunisti, insieme a un piccolo ma consistente drappello di europei. Tutti combattenti «invisibili», guardati con sospetto da quelle «formiche rosse» che non capiscono le loro motivazioni. Di fronte, gli indigeni Meo, «bande di ragazzi, quasi bambini, feroci come belve». Molti muoiono, Vitaliano torna. La sua storia apre una crepa nel presente «pacificato», si salda ad altri disagi, altre storie, altre fratture della Storia.
Il libro, come del resto gran parte delle opere a firma Wu Ming, è interamente scaricabile dalla sezione downloads del sito degli autori, in formato RTF (354 kb), SXW (1651 kb), PDF (1579 kb) e formato iPod:
http://www.wumingfoundation.com/italiano/downloads_ita.htm
Premessa all’edizione del 2005*
http://www.wumingfoundation.com/italiano/Premessa_AdG_2005.zip
Postfazione all’edizione del 2005**
http://www.wumingfoundation.com/italiano/postfazione_AdG.zip
Intervista a Vitaliano Ravagli per VIATERREA:
Per quanto riteniamo “Asce di Guerra” il miglior tentativo da parte di Ravagli di mettere per iscritto le sue memorie, segnaliamo comunque le due precedenti pubblicazioni dell’autore, oggi fuori catalogo:
- I Sentieri dell’Odio (Trauben, 1997 – L’Autore Libri Firenze, 1998)
- Il Prato degli Uomini Spenti (L’Autore Libri Firenze, 1998)
Estratto da “Asce di guerra”
Racconto tutta la storia, condensandola il più possibile, in una ventina di minuti. Alla fine si alza un ragazzo sui trent’anni, tutto fighetto, che solo a guardarlo mi pare un patacca. Fa un intervento contorto, che a lui deve sembrare geniale, in realtà si capisce ben poco, una roba tra il cattolico e il pacifista, con citazione di studiosi sconosciuti e dulcis in fundo, domanda del cazzo:
«Insomma, signor Ravagli, lei ha ucciso delle persone?»
Complimenti per la perspicacia: «Certo, ne ho uccise parecchie.»
«E non si sente un assassino?»
Mi sistemo sulla sedia per prendere tempo. Cosa devo fare? O sto zitto, e allora sono venuto per niente, o rispondo e so già che mi incazzo. Tanto vale animare il dibattito.
«Guarda, ti do del tu perché mi stai facendo incazzare e quando mi arrabbio non so dare del lei a nessuno. Devi sapere una cosa: in guerra non si gode. Non si gode a mettere a rischio la vita e non si gode nemmeno a uccidere, anche se tu pensi che siccome uno ammazza allora è un sadico di sicuro. Invece no, ammazzare le persone non è una cosa piacevole, eppure io ti dico che non ne ho fatti fuori abbastanza, di quelli là.»
Il professor Bruno Sartori, quello che mi ha invitato, non appena tiro il fiato prova a metterci una pezza.
«Ho l’impressione che lei non abbia ascoltato bene quello che ha detto Ravagli, perché se lo avesse fatto si sarebbe reso conto del rimorso che lui si porta dentro…»
«No, no, no, quale rimorso? Io sono dispiaciuto che si debba uccidere per delle cose del genere, per difendere le proprie idee, ma questo non vuol dire che se tornassi indietro non lo rifarei, anzi, cercherei di fargli più male, gli sbullonerei il culo con la baionetta cinese, che è dritta e stretta come un cacciavite.»
Butto uno sguardo sulla platea: un paio di studentesse fanno tanto d’occhi. Allora decido che è inutile metterci della vaselina, meglio venir giù duri e dire le cose come stanno, che almeno chi è venuto se ne ricordi per un pezzo.
«Vedete» riprendo fissando una delle ragazze dritto negli occhi «io con i miei nemici ci ho fatto delle scatolette Simmenthal. Allora voi inorridite, pensate che sono un bruto, un assassino, un sadico. Ma io ho visto gente che violentava delle ragazzine di nove anni aprendogli la vagina con un coltello, su fino all’ombelico, per poter passare meglio. Dopo, quando metti le mani su uno così non ci stai tanto a pensare, a quanto è bella la pace e a quanto è brutta la guerra».
Una ragazza si alza di scatto ed esce di corsa dalla sala. «Io voglio vedere cosa fareste voi…Tu per esempio, che fai quella faccia…adesso ti prendo e ti lascio dodici anni a fare la fame, in una casa che non ci terresti neanche il tuo cane, con i tuoi fratelli che stanno male, tua madre in ospedale, i 191 bombardamenti sopra la testa. Oppure ti faccio trovare le tue sorelline violentate e squartate, ti metto in mano un kalashnikov, poi ti porto il responsabile. Voglio vedere cosa fai.»
Non risponde. Ma non è mica una domanda retorica, voglio proprio che mi dica cosa farebbe, sentire con le mie orecchie se anche lei ha il coraggio di chiamarmi assassino. Allora insisto.
«Dico con te, sì, proprio con te. Cosa faresti in quel caso? Eh? Dimmi un po’?»
Diventa tutta rossa e sorride, quasi mi dispiace di fare lo stronzo, ma ‘sti ragazzi non possono mica vivere sempre nell’ovatta. Non gli stacco gli occhi di dosso, finché allarga le braccia e con un filo di voce dice: «Eh beh…»
Gli faccio il verso, sempre più incattivito: «Eh beh … Ma guarda che basta anche meno: ti porto dai responsabili della strage di Marzabotto, il giorno dopo che è successo…»
La faccia che sto fissando cambia d’improvviso. La fronte si increspa nello sforzo, gli occhi si fanno interrogativi. Un sospetto.
«Marzabotto! Avete presente la strage di Marzabotto?»
Silenzio. Occhiate storte attraversano la sala. I più spudorati alzano le sopracciglia e spalancano la bocca. Nessuno. L’avvocato si guarda intorno come se l’avessero trasportato su Marte a sua insaputa.
Mi volto verso i professori, le labbra sempre sul microfono: «Ma cosa gli avete insegnato a questi? Un cazzo!»
Capitolo 56. “Da Riolo Terme a Urbino, 9 maggio 2000”, p.190
Gli autori
Vitaliano Ravagli, 1934. Renitente alla leva, nel 1956 prende un aereo misterioso e arriva in Laos. Rientrato in Italia, spedito in compagnia di disciplina, dopo un anno e mezzo di leva torna in Indocina. Oggi ha due figli e vive a Imola.
Wu Ming è una band di narratori attiva dalla fine del xx secolo.
Nell’ultimo anno del Novecento, col nome «Luther Blissett», i futuri Wu Ming pubblicarono il romanzo Q (Einaudi Stile Libero). A partire dal 2000, col nuovo nome hanno firmato romanzi storici (54, Manituana, Altai e L’Armata dei Sonnambuli), raccolte di racconti (Anatra all’arancia meccanica e L’invisibile ovunque) e saggi, oltre ai libri per bambini del ciclo di Cantalamappa (pubblicato da Electa).
Ciascun membro di Wu Ming si è dedicato anche a opere «soliste». Nel catalogo Einaudi sono disponibili Guerra agli Umani e Timira di Wu Ming 2, Stella del mattino di Wu Ming 4, New Thing, Point Lenana e Un viaggio che non promettiamo breve di Wu Ming 1.
Nel corso degli anni, intorno al collettivo si è andata formando una «costellazione» di progetti, un «collettivo di collettivi» chiamato Wu Ming Foundation.
Il blog di Wu Ming si chiama Giap. www.wumingfoundation.com/giap
Asce di guerra
Autore: Vitaliano Ravagli, Wu Ming
Edizione: Giulio Einaudi Editore (2005)
Formato: Copertina flessibile, brossura
Pagine: 462
Prezzo: 16€