John Steinbeck
Recensione
Capolavoro pluripremiato del realismo americano, Furore racconta l’impatto catastrofico della Grande Depressione sulle popolazioni del Midwest attraverso le peripezie dei Joad, una famiglia di agricoltori dell’Oklahoma costretta ad emigrare in California in cerca di lavoro.
Ci si potrebbe dunque chiedere perché consigliarne la lettura in questa sede – al di là del valore letterario o dell’interesse per il contesto storico ricostruito dall’autore – giacché ritrae il quadro di un’“America” che non esiste più. E tuttavia, la dinamica di accumulazione e oppressione che si abbatte sui protagonisti come un deus-ex-machina è parte integrante di un processo capitalistico senza tempo, che si riproduce ancora oggi in altri paesi e in altra forma.
L’esodo di massa a cui Steinbeck assiste in prima persona (la serie di articoli di inchiesta The Harvest Gypsies scritti per il San Francisco News costituirono la base per la stesura del romanzo) infatti da un lato rievoca la drammatica sorte dei nativi americani, cacciati dalle proprie terre e annientati nel nome del “mito della frontiera”; dall’altro, anticipa le dinamiche di sfruttamento e caporalato attualmente presenti nel mercato del lavoro, in particolar modo in quello riservato ai migranti nei paesi occidentali.
Furore si presenta così, in prima battuta, come il grande romanzo dell’accumulazione originaria. Un grido di protesta contro l’inumanità del capitalismo che preferisce distruggere piuttosto che distribuire. Un grido di rabbia che non rimane però confinato alla sfera individuale o familiare, ma le supera divampando nella dimensione comunitaria che i protagonisti sperimentano nei campi californiani. Ecco dunque che Furore va a inserirsi a pieno titolo nel filone dei romanzi sulla formazione della coscienza di classe, alla stregua de Il Tallone di Ferro di London e La Madre di Gorkij.
Proprio come Jack London, Steinbeck ci mostra con realismo disarmante il volto spietato della repressione capitalistica articolata in tutte le sue forme, legali o illegali. I trattori, che dovrebbero agevolare i lavoratori, si trasformano in strumenti coercitivi. I braccianti, sostituiti dalle macchine, finiscono in strada senza un minimo di welfare, così da mantenere salari bassi e fissi. Il surplus alimentare, piuttosto che essere redistribuito ai lavoratori indigenti, viene distrutto per mantenere alti i prezzi. Il bracciante riceve così un trattamento inferiore persino a quello del cavallo, a cui viene fornito il pasto anche quando non lavora. Forte del suo “esercito di riserva”, il capitale crea concorrenza tra i lavoratori, ponendo facilmente le basi per la nascita di contraddizioni interne a una classe che fatica a prendere coscienza di sé.
Nel momento in cui i braccianti maturano una coscienza di classe e fanno gruppo, diventano bersaglio dei caporali e dei datori di lavoro, che davanti a uno sciopero imminente tentano di corromperne gli organizzatori e gli aderenti per farlo fallire. Laddove la corruzione non funziona, il capitale si serve della polizia per reprimere le proteste ed arrestarne i capi.
A fronteggiare direttamente la violenza dei poliziotti e dei picchiatori padronali sono Tom Joad, rilasciato per buona condotta da un sistema penale che si accanisce sulle fasce più deboli della società, e il reverendo Casy, che abbandonerà disilluso la fede protestante per assumere consapevolmente il ruolo di avanguardia delle masse asservite, aggregandole e istruendole alla nuova coscienza oppositiva (Tom dirà “io sarò li dove… mi sembra di sentir parlare Casy“).
La violenza cieca degli “oakies” in fuga da un nemico senza volto, il capitale, viene dunque a strutturarsi e incanalarsi in un percorso di formazione della coscienza di classe fatto di rabbia, di sacrifici, ma anche di solidarietà nei confronti di coloro che condividono le stesse precarie condizioni lavorative e di vita. Adottando stilisticamente un registro linguistico popolare, dal lessico povero e dalla sintassi ripetitiva, Steinbeck ricostruisce magistralmente il processo attraverso il quale da una filosofia di vita semplice e modesta come quella delle masse analfabete germoglia un pensiero rivoluzionario che può arrivare ad assumere i contorni di un pensiero epocale.
Vita editoriale e nuova traduzione
Il carattere di classe dell’opera ne ha determinato, come ci si può facilmente immaginare, una travagliata vita editoriale. In seno al movimento operaio internazionale Steinbeck acquistò la reputazione di “compagno di strada”. Tuttavia, questa stessa reputazione gli valse l’accusa di spionaggio e propaganda comunista in patria, finendo nel mirino dell’Fbi di Hoover. Diversi stati, contee e città statunitensi, come pure l’Irlanda, vieterano la distribuzione del libro al momento della sua pubblicazione. Pubblicamente bruciato da due biblioteche americane, Furore fu ancora causa di controversie negli USA a più riprese fino agli anni ’90.
In Italia il romanzo subì la pesante censura del fascismo. Una volta depurato dei suoi elementi rivoluzionari, il regime se ne serví come mera testimonianza delle penose condizioni di vita del proletariato statunitense. Solo nel 2013 la Bompiani ripubblica il libro in edizione integrale con una nuova traduzione finalmente degna dell’opera.
Estratti
Non mi va di morire di fame senza ammazzare l’uomo che mi fa morire di fame. “Non lo so. Forse non c’è nessuno da ammazzare. Forse non c’entrano gli uomini. Forse, come hai detto tu, è la proprietà la causa di tutto”.
Furore
In viaggio per la California o chissà dove, ognuno di noi tamburino di una parata di sofferenze, in marcia con la nostra amarezza. E un giorno…un giorno gli eserciti dell’amarezza andranno tutti nella stessa direzione. E marceranno tutti insieme, e spargeranno un terrore di morte.
Furore
Terribile è il tempo in cui l’Uomo non voglia soffrire e morire per un’idea, perchè quest’unica qualità è il fondamento dell’Uomo, e quest’unica qualità è l’uomo in sè, peculiare nell’universo.
Furore
Se riuscite a capire questo, voi che possedete le cose che il popolo deve avere, potreste salvarvi. Se riusciste a separare le cause dagli effetti, se riusciste a capire che Paine, Marx, Jefferson e Lenin erano effetti, non cause, potreste sopravvivere.
Furore
Quando una moltitudine di uomini ha fame e freddo, il necessario se lo prende con la forza. E la piccola ma sonora verità che echeggia lungo la Storia: la repressione serve solo a rinforzare e unire gli oppressi.
Furore
Perché io ci sarò sempre, nascosto e dappertutto. Sarò in tutt’i posti… dappertutto dove ti giri a guardare. Dove c’è qualcuno che lotta per dare da mangiare a chi ha fame, io sarò lì. Dove c’è uno sbirro che picchia qualcuno, io sarò lì. Se Casy aveva ragione, be’, allora sarò negli urli di quelli che si ribellano… e sarò nelle risate dei bambini quando hanno fame e sanno che la minestra è pronta. E quando la nostra gente mangerà le cose che ha coltivato e vivrà nelle case che ha costruito… be’, io sarò lì. Capisci?
Furore
Rannicchiate sotto una tettoia, sdraiate sulla paglia bagnata, la fame e la paura partorivano rabbia.
Furore
E quando gli uomini erano in gruppo, la paura spariva dai loro volti e la rabbia prendeva il suo posto. E le donne sospiravano di sollievo, perché capivano che andava tutto bene: il crollo non c’era stato; e non ci sarebbe mai stato nessun crollo finché la paura fosse riuscita a trasformarsi in furore
Furore
L’autore di “Furore”
John Steinbeck (1902-1968), è uno dei massimi esponenti della letteratura americana e mondiale. Vincitore del National Book Award e del premio Pulitzer per Furore nel 1940, nel 1962 riceve il premio Nobel per la letteratura. Nel 1964 il Presidente Lyndon B. Johnson gli conferì inoltre la Medaglia presidenziale della libertà. Le nuove edizioni di tutte le opere di John Steinbeck sono in corso di pubblicazione presso Bompiani, a cura di Luigi Sampietro.
Furore
Autore: John Steinbeck
Edizione: Bompiani (2013)
Formato: Copertina flessibile, brossura
Pagine: 660
Prezzo: 15€